« Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera. »

domenica 31 marzo 2013

HERCULES o ERCOLE?

Differenze tra il film HERCULES (Disney) e la mitologia

La versione Disney del mito di Eracle (per il quale venne usato il nome latino Hercules, piuttosto che il greco originale Ἡρακλῆς, Herakles) è una libera e alternativa interpretazione del personaggio e dell'intera cultura dell'antica Grecia, basata comunque su fonti e personaggi ben noti.

Gli sceneggiatori della Disney si presero molte libertà circa il mito originale, forse giudicando alcuni degli originali personaggi e avvenimenti inappropriati per il pubblico più giovane. La Disney ha fatto anche largo uso degli stereotipi nel delineare l'aspetto dei personaggi, in particolare degli Dei dell'Olimpo, come quello di descrivere le Parche come megere demoniache, le Muse come dive dello spettacolo e i Titani come grezzi e bruti giganti.

Il film contiene numerosi riferimenti alle imprese di Eracle: dalle Dodici Fatiche, come quella dell'Idra di Lerna e quella del Cinghiale di Erimanto, ad altri miti che riguardano il personaggio, e la sua storia viene spesso integrata con imprese e particolari che nella mitologia sono invece compiute da altri eroi; l'esempio più vistoso è il cavallo alato Pegasus che è preso in prestito dal mito di Bellerofonte, mentre il viaggio nell'Ade alla ricerca dell'amata ricalca (ma con il lieto fine) il mito di Orfeo ed Euridice.

Altre due differenze maggiori sono quella relativa alla nascita di Hercules e al personaggio di Megara.

Nel film, Hercules è figlio di Zeus ed Era, ed è quindi un dio vero e proprio; rapito da Pena e Panico, viene reso quasi del tutto mortale da una pozione magica, ma il suo pianto attira una coppia di pastori, Alcmena e Anfitrione: Pena e Panica si trasformano in serpenti per uccidere il bambino, che però li mette fuori gioco grazie alla forza che gli era rimasta; egli viene quindi adottato dai due pastori.

Nella mitologia, invece, Eracle è figlio di Zeus e di Alcmena, moglie di Anfitrione, che non è pastore bensì re di Trezene; poiché Alcmena è fedele al marito, Zeus assume il suo aspetto per sedurla. La legittima sposa di Zeus, Era, odia con tutta sé stessa il bambino ed è proprio lei ad inviargli contro i serpenti per ucciderlo (che vengono uccisi dal bimbo ancora in fasce).

Nel film, Hercules conosce, s'innamora e vive "per sempre felice e contento" con una sola donna, chiamata Megara. Essa è la sovrapposizione di due figure mitologiche, Megara, dalla quale eredita poco più del nome, e Deianira. Dalla prima Eracle ebbe due figli, che vennero uccisi (assieme alla madre, secondo alcune versioni) dallo stesso Eracle, reso temporaneamente folle da Era. Deianira viene sposata successivamente, ed è lei che Eracle salva dal centauro Nesso, che, in punto di morte, dona alla donna il suo sangue, dicendole di usarlo sul marito se lui l'avessa tradita. Ciò effettivamente avviene - Eracle lascia Deianira per Iole - e la donna bagna una tunica del marito col sangue di Nesso: quando Eracle la indossa, viene colpito da atroci sofferenze e si suicida bruciandosi su una pira funebre; anche Deianira, disperata, si toglie la vita. Asceso all'Olimpo dopo la morte, Eracle sposa infine la dea Ebe.

Anche la figura di Filottete è rivisitata molto liberamente: nel mito, Eracle ha avuto molti maestri, fra i quali il centauro Chirone e Lino, mentre Filottete è un personaggio completamente umano, un arciere che, con l'aiuto di Eracle, partì per la guerra di Troia (noto anche grazie al mito della sua freccia avvelenata). Il Filottete disneyano, che è un satiro, prende da lui solamente il nome.

Altre differenze rispetto al mito o incongruenze storiche sono:
  • Le Parche fanno parte della mitologia romana, non di quella greca: il loro equivalente greco sono le Moire; l'aspetto orribile che hanno nel film Disney è però probabilmente ispirato a quello delle Graie.
  • Nel mito, Eracle ha un fratello gemello, Ificlo (con la particolarità di essere gemelli solo per parte di madre, poiché il padre di uno è Zeus, quello dell'altro è Anfitrione).
  • Nel mito, Ade è fratello di Zeus e quindi zio di Eracle; nel film questa parentela non è citata
  • Nel film sono presenti solo cinque delle nove Muse mitologiche: la leader del quintetto, la più alta, è Calliope, musa della poesia epica; la musa dai capelli lunghi, mossi e voluminosi è Melpomene, che presiede alla tragedia; la musa con la coda di cavallo è Clio, che presiede alla storia; la musa dai capelli ricci è Tersicore, che rappresenta la danza; la musa più bassa e cicciotta è Talia, quella della commedia. Sono assenti Euterpe (poesia lirica), Erato (poesia amorosa), Polimnia (mimica) e Urania (astronomia).
  • In alcune versioni del mito originale, Eracle non segue esattamente il "prototipo" dell'eroe perfetto, essendo spesso ingordo o ubriaco.
  • Eracle non ha mai incontrato Medusa, che venne invece uccisa da Perseo
  • L'idra di Lerna non venne sconfitta a Tebe, bensì, per l'appunto, presso Lerna; nel mito, essa è affiancata anche dal Carcino.
  • Analogamente, la battaglia a Tebe contro il ciclope, che Hercules acceca con un tizzone ardente, è ripresa dl mito di Ulisse, che fa lo stesso a Polifemo per poter fuggire dalla sua grotta.
  • Nell'adattamento italiano della canzone Ieri era Zero (Zero to Hero) vi è una piccola imprecisione storica dovuta alla necessità di trovare una rima da sostituire alla più blanda e orecchiabile versione inglese Zero/Hero: una delle ultime strofe recita infatti "Ieri era zero./Zero./Zero./Oggi è il più forte/Dell'impero", ma le città e i territori greci di quel periodo non furono mai riuniti sotto un impero, come invece sarebbe accaduto con la civiltà romana.

domenica 24 marzo 2013

Il nome di Palermo

Le origini del nome
 
La città di Palermo ha cambiato spesso nome nel corso delle epoche:
  • Zyz (la "z" va pronunciata come "s" sonora) (che in fenicio significa il fiore): il nome non è ancora accertato, ma molte monete provenienti da Palermo di periodo punico portavano la dicitura Zyz e visto che Palermo era una delle tre città puniche della Sicilia (Tucidide, VI, 1-5) molto probabilmente aveva una propria zecca. Il nome sembrerebbe derivare dalla conformazione della città che tagliata da due fiumi ricordava il profilo di un fiore.
  • Panormos (dal Greco παν-όρμος, tutto-porto): i Greci chiamavano Palermo così perché i due fiumi che la circondavano (il Kemonia e il Papireto) creavano un enorme approdo naturale. Questo nome andò diffondendosi grazie al rafforzamento dell'influenza greca sull'isola.
  • Panormus: i Romani mantennero, con una lieve modifica di pronuncia, la denominazione greca con la quale avevano conosciuto la città.
  • Balarm: il nome arabo della città è un semplice cambiamento di pronuncia del nome precedente.
  • Balermus: evoluzione del precedente nome sotto il periodo normanno.
  • Palermo: il nome definitivo della città che viene acquisito in età moderna.
Palermo in wikipedia

Il verbo - i modi


Il verbo- scheda facile


Il verbo


martedì 19 marzo 2013

FESTA DEL PAPA'

La festa del papà o festa del babbo è una ricorrenza civile diffusa in tutto il mondo. In molti Paesi la ricorrenza è fissata per la terza domenica di giugno, mentre in Italia viene festeggiata il 19 marzo.

Storia

La festa del papà, come la intendiamo oggi, nasce nei primi decenni del XX secolo, complementare alla festa della mamma per festeggiare la paternità e i padri in generale. La festa è celebrata in varie date in tutto il mondo, spesso è accompagnata dalla consegna di un regalo al proprio padre.
La prima volta documentata che fu festeggiata sembra essere il 5 luglio 1908 a Fairmont in West Virginia, presso la chiesa metodista locale.

Fu la signora Sonora Smart Dodd la prima persona a sollecitare l'ufficializzazione della festa; senza essere a conoscenza dei festeggiamenti di Fairmont, ispirata dal sermone ascoltato in chiesa durante la festa della mamma del 1909, ella organizzò la festa una prima volta il 19 giugno del 1910 a Spokane, Washington. La festa fu organizzata proprio nel mese di giugno perché in tale mese cadeva il compleanno del padre della signora Dodd, veterano della guerra di secessione americana.

In Italia

Come in molti Paesi di tradizione cattolica, la festa del papà viene festeggiata il giorno di san Giuseppe, padre putativo di Gesù. San Giuseppe, in quanto archetipo del padre e del marito devoto, nella tradizione popolare protegge anche gli orfani, le giovani nubili e i più sfortunati.

In accordo con ciò, in alcune zone della Sicilia, il 19 marzo è tradizione invitare i poveri a pranzo. In altre aree la festa coincide con la festa di fine inverno: come riti propiziatori, si brucia l'incolto sui campi da lavorare e sulle piazze si accendono falò da superare con un balzo.

Il dolce tipico della festa ha varianti regionali ma per lo più a base di creme e/o marmellate, con impasto simile a quelle dei bignè o dei krapfen (esemplare in questo senso è il caso del Lazio e di Roma dove si chiamano proprio "Bignè di San Giuseppe").

In alcune regioni dell'Italia centro-meridionale, soprattutto la Campania, il dolce per questa festa è la zeppola (o zeppolella se in versione mignon) dalle origini antico romane.

Nell'Italia del nord, invece, dolce tipico della festività è la raviola (piccolo involucro di pasta frolla o pasta di ciambella richiuso sopra una cucchiaiata di marmellata, crema o altro ripieno, poi cotta al forno o fritta).

Infine, in alcune regioni del centro Italia (soprattutto Toscana, Umbria e Lazio) è diffuso un dolce, sempre fritto, a base di riso cotto nel latte a cui si aggiungono a piacere uva passa o canditi. Dolci a base di riso, noti come zeppole di riso o crispelle di riso, sono comune anche in Sicilia.

San Giuseppe

San Giuseppe, secondo il Nuovo Testamento, è lo sposo di Maria e il padre putativo di Gesù.
È venerato come santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa. Il nome Giuseppe è la versione italiana dell'ebraico Yosef, attraverso il latino Ioseph.
Giuseppe, Maria e Gesù bambino sono anche collettivamente riconosciuti come Sacra famiglia.

San Giuseppe.jpgFestività

San Giuseppe
Tipo di festa religiosa
Data 19 marzo; 1º maggio (san Giuseppe lavoratore)
Religione Cristianesimo
Tradizioni Varianti di luogo in luogo
Tradizioni profane festa del papà
La Chiesa cattolica ricorda san Giuseppe il 19 marzo con una solennità a lui intitolata.

Tavole di San Giuseppe

In Sicilia e nel Salento sono diffuse usanze denominate “Tavole di San Giuseppe”: la sera del 18 marzo le famiglie che intendono assolvere un voto o esprimere una particolare devozione al santo allestiscono in casa un tavolo su cui troneggia un'immagine del santo e sul quale vengono poste paste, verdure, pesci freschi, uova, dolci, frutta, vino.
Sono poi invitati a mensa mendicanti, familiari e amici, tre bambini poveri rappresentanti la Santa Famiglia. Si riceve il cibo con devozione e spesso recitando preghiere, mentre tredici bambine con in testa una coroncina di fiori, dette “tredici verginelle”, cantano e recitano poesie in onore di san Giuseppe.
La "Cena di San Giuseppe", così chiamata, viene aperta al pubblico il mezzogiorno del 18 Marzo, e il 19 Marzo tre persone, bisognosi d'aiuto, in rappresentanza della Sagra Famiglia, vengono fatti accomodare nella tavola imbandita come dei Re e viene servita a loro la cena. Successivamente viene diviso tra loro tutta la spesa, donata e acquistata grazie alle donazioni dei devoti.

Talvolta è un intero quartiere a provvedere e allestire le tavole all'aperto. Alimento tradizionale di questa festa è la frittura, nota con il nome di “frittelle” a Firenze e a Roma, “zeppole” a Napoli e in Puglia, “sfincie” a Palermo. In alcune parti la festa è associata all'accensione di falò.

Falò di San Giuseppe

In alcune zone in Italia si festeggia ancora oggi con la Festa di San Giuseppe il rito serale del Falò, che segna il passaggio dall'inverno alla primavera. Con il falò viene anche bruciato talvolta un fantoccio, la "vecchia", che simboleggia l'inverno.

Gli sfinci (o sfince) di San Giuseppe

Gli sfinci (o sfince) di San Giuseppe sono delle gustose e morbide frittelle di origine palermitana, coperte di una delicata crema di ricotta e gocce di cioccolato, pistacchi tritati, ciliegie e scorze d'arancia candite.

Gli sfinci, il cui nome deriva dal latino e dall'arabo e significa "spugna", sono appunto dei dolcetti molto morbidi e areosi che vengono preparati previa una frittura lunga (10-15 minuti) e dolce, di questo modo l'impasto si gonfierà raddoppiando il suo volume iniziale, divenendo soffice e alveolato al suo interno.

Gli sfinci vengono tradizionalmente preparati il giorno della festa del papà, il 19 marzo. Buon appetito a tutti i papà!

Ingredienti per 20-25 sfinci:

...per la crema:

...per decorare e per friggere:

■ Preparazione


Sfinci di San Giuseppe
Iniziate la preparazione degli sfinci di San Giuseppe, realizzando la crema di ricotta. La sera prima, mettete la ricotta di pecora dentro ad un colino per farla sgocciolare bene, poi versatela in una ciotola e unite lo zucchero a velo: mescolate per amalgamare il tutto, coprite con della pellicola trasparente o con un coperchio e lasciate riposare in frigorifero per tutta la notte. 
Versate in un pentolino l’acqua, il burro (o lo strutto) e il sale (1) e poi, una volta sopraggiunto il bollore, unite tutta in una volta la farina (2), mescolando gli ingredienti sul fuoco con un mestolo di legno per almeno 2-3 minuti (3)
Sfinci di San Giuseppe
fino a che il composto si staccherà dal pentolino (4). Fate raffreddare (5) e nel frattempo potete unire alla crema di ricotta le gocce di cioccolato fondente (6) e riporla di nuovo in frigorifero fino a che gli sfinci non saranno fritti.
Sfinci di San Giuseppe
Mettete l'impasto in planetaria con il gancio a foglia (7) (oppure lavorate a mano con un mestolo di legno) e lavorate l’impasto per 1 minuto, poi unite una alla volta le uova: non unite l’uovo successivo se prima non sarà stato assorbito completamente quello precedente. Dovrete ottenere una pastella liscia, cremosa e densa (8). Sciogliete lo strutto ( o scaldate l’olio) in un pentolino fino a portarlo a 160-165°, poi friggete l’impasto versandolo nel pentolino a cucchiaiate (9): non friggete più di 3-4 sfinci alla volta per non abbassare troppo la temperatura dell’olio e per non rischiare di avere poco spazio quando gli sfinci cominceranno a crescere.
Sfinci di San Giuseppe
Rigirate spesso gli sfinci servendovi di due forchette (10), per dorarli su tutti i lati e farli quindi gonfiare bene (11). Con questa temperatura, gli sfinci dovranno friggere per almeno 10-15 minuti. Quando saranno ben dorati scolateli per bene con una schiumarola (12) e adagia teli su di un vassoio foderato con carta assorbente da cucina.
Sfinci di San Giuseppe
Quando avrete terminato di friggere, lasciate intiepidire gli sfinci, poi prendete la crema di ricotta, lavoratela qualche secondo con un mestolo di legno e poi, servendovi di un cucchiaio, ricoprite la superficie degli sfinci (13). Guarnite ogni sfincio con della granella di pistacchi (14), una ciliegina candita e una scorzetta di arancia candita (15). Serviteli immediatamente.

http://ricette.giallozafferano.it/Sfinci-di-San-Giuseppe.html

domenica 17 marzo 2013

Quante sorprese con il dialetto a scuola di FICARRA e PICONE

Quante sorprese  con il dialetto a scuola

Ci sono tre categorie di siciliani: quelli che non parlano il dialetto perché fanno finta di non saperlo parlare, e di solito frequentano solo la crema della crema della crema della società... li potete riconoscere perché nei pressi del loro naso si percepisce una puzza asfissiante. Poi ci sono quelli che parlano il dialetto solo per vezzo, appartengono a classi sociali medio-alte e vogliono dimostrare ai loro interlocutori che, nonostante il successo ottenuto nella vita, sono rimasti figli del popolo... li potete riconoscere perché sotto il loro naso c'è una puzza fastidiosa, pari al loro dialetto usato a orologeria. Infine ci sono quelli che parlano solo il dialetto perché non conoscono altro modo di comunicare con i loro simili... li riconosci perché intorno a loro c'è una puzza che profuma di mercatini, di vicoli, di pesci, di frutta, di pannolini cacati e di Sicilia.

Inoltre ci sono le sottocategorie: quelli che lo parlano solo quando si arrabbiano. Quelli che lo parlano solo con i maschi e mai con le femmine. Quelli che, per non fare sentire la cadenza siciliana, parlano con la "dissione".

E infine quelli che il dialetto non lo parlano mai, ma è come se lo parlassero sempre: "Veeero?", "Ti giuuuro", "Cioèèè", "Ma che mi stai diceeendo?". Insomma il dialetto - e il modo in cui lo si usa - rappresenta la nostra carta d'identità: nel dialetto e nelle sue inflessioni c'è la storia di un popolo e delle sue radici.

A tal proposito, nei giorni scorsi l'Assemblea regionale ha approvato una legge che fa diventare il dialetto siciliano una materia scolastica a tutti gli effetti, esattamente come l'italiano, l'inglese o il francese. Ci saranno quindi libri di testo; compiti in classe; gli studenti verranno interrogati, giudicati, e se è il caso abbocciati.

È proprio vero che i tempi cambiano. Solo pochissimi anni fa, infatti, la situazione era diametralmente opposta. Molti di voi ricorderanno le timpulate prese a scuola per non aver parlato un italiano corretto. Chi di noi - interpellato dalla professoressa - non si è cimentato in traduzioni dal siciliano all'italiano dall'esito drammatico: "Professorè, pozzu andare in bagno"; "Professorè, ho stato male e non ho potuto studiare. Cè lo giuro vero (come se esistesse anche un giuramento falso)".

E giù timpulate della professorè. Tutto questo accade perché noi siciliani formuliamo i pensieri in siciliano, e poi li dobbiamo tradurre in italiano. Farci capire dal resto del mondo, quindi, a noi comporta sempre una sforzo enorme e un'infinità di timpulate.

Ma dopo l'approvazione di questa legge, il dialetto a scuola non sarà più un illecito: di fatto verrà depenalizzato. Quindi non dovremmo aspettare molto, prima di assistere a dialoghi come questo. Alunno: "Professorè, pozzo andare a gabinetto?". Professoressa: "Comu minchia parri? Si rici: "Ci pozzu iri o gabbinettu?"". E giù le solite timpulate. La quantità di timpulate, in sostanza, rimarrà invariata.

Ma come mai un'intera classe politica - sia di maggioranza che di opposizione - ha avuto questo sussulto di orgoglio siculo e ha concepito una tale norma? Trattandosi di depenalizzazione, i soliti maligni pensano che la legge sia stata fortemente voluta dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nell'ambito della famigerata riforma epocale della giustizia che dovrebbe depenalizzare gradualmente ogni comportamento umano.

Altri, invece, ipotizzano che la legge appena fatta sarebbe la prova della trattativa fra mafia e Stato, e che l'insegnamento del dialetto sia una delle richieste avanzate da Totò Riina nel famoso papello. Altri ancora sospettano che questa sia l'ennesima manovra per creare nuovi corsi di formazione da destinare a parenti e amici. Si vedrà. Per il momento godiamoci questo momento di orgoglio siculo, perché oggi nessuno è in grado di dire con esattezza se questa legge sarà una minchiata col botto o una rivoluzione scolastica.

L'Assemblea regionale comunque si mostra fiduciosa e sembra decisa a continuare l'operazione di tutela della cultura siciliana. A quanto pare, infatti, il provvedimento sul dialetto non rimarrà isolato. Già nei prossimi giorni verrà approvata una nuova legge che imporrà a tutti gli studenti - dall'asilo fino alle superiori - di mangiare a ricreazione soltanto pani cà meusa.

E, manco a dirlo, gli studenti fermati senza regolare panino nello zainetto riceveranno le solite, affettuose e mai sufficienti timpulate.

Questa rubrica è uscita sulla prima pagina di Repubblica Palermo il 22 maggio 2011

http://palermo.repubblica.it
LEGGI LE RUBRICHE PRECEDENTI
(23 maggio 2011) © Riproduzione riservata

Video - Progetto legalità

Lucarelli Racconta: "Il Segreto di Paolo Borsellino"
http://www.youtube.com

Documentario sul maxi processo
http://www.youtube.com/

sabato 16 marzo 2013

PROEMIO DELL'ILIADE

Cantami, o Diva, del Pelìde Achille
l'ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco
generose travolse alme d'eroi,
e di cani e d'augelli orrido pasto
lor salme abbandonò (così di Giove
l'alto consiglio s'adempìa), da quando
primamente disgiunse aspra contesa
il re de' prodi Atride e il divo Achille.


Parafrasi:

O musa canta l'ira del pelide Achille,
rovinosa, che inflisse ai Greci dolori infiniti,
portò alla morte molti coraggiosi, li fece mangiare dai cani,
da tutti gli uccelli- il volere di zeus si compiva-
da quando erano venuti in disaccordo
Agamennone e il glorioso Achille.

Qual è la differenza fra Iliade e Odissea?

Differenza fra Iliade e Odissea



Entrambe le opere sono attribuite ad Omero e narrano delle vicende che hanno preceduto, riguardato e succeduto l’evento della guerra di Troia.
In particolare l’Iliade nalla della Guerra di Troia, di come si è svolta attraverso i suoi personaggi principali tra i quali il “pelide Achille”, Agamennone, Ulisse ed Elena.
L’Odissea narra invece del burrascoso ritorno di Ulisse nella sua terra natale Itaca una volta conquistata Troia.

ILIADE

AchilleL’Iliade è il primo poema, e non tratta dell’intera guerra di Troia (10 anni), ma di un particolare episodio, l’ira di Achille in seguito alla morte dell’amico e cugino Patroclo, che si svolge in un periodo di soli 51 giorni.

I principali protagonisti sono:
Achille cura Patroclo da Achille, Agamennone, Menelao, Aiace ed Ulisse dalla parte dei greci assedianti,  
Ettore, Priamo, Paride, Cassandra, Ecuba da parte dei Troiani.
Sarà proprio Ulisse a consigliare all’esercito di Agamennone di utilizzare lo stratagemma del cavallo di Troia nel quale si nascose un drappello di soldati che espugnarono la città aprendo le porte all’esercito fuori dalle mura.
 

ODISSEA

Le sirene dell'OdisseaL’Odissea tratta invece del ritorno a casa dell’eroe Ulisse (Odisseo) e del suo lunghissimo viaggio verso l’isola di Itaca.
Per aver peccato, mancando di rispetto agli dei (Ulisse crede che la vittoria sia merito suo e di non dover nulla alle divinità), il Dio dei Mari ostacolerà il suo viaggio. I principali protagonisti sono Ulisse, Penelope, la maga Circe, la dea Calipso, Eolo il Dio dei Venti, Atena, Telemaco (figlio di Ulisse). Personaggi divenuti celebri da questo epico racconto sono il Ciclope Polifemo, battuto con l’astuzia, le sirene ammaliatrici, e la maga Circe.

giovedì 14 marzo 2013

Rai scuola - Video sulla comunicazione

http://www.raiscuola.rai.it/articoli/paolo-fabbri-i-linguaggi-della-televisione

http://www.raiscuola.rai.it/articoli/paolo-fabbri-la-favola-della-pubblicità

http://www.raiscuola.rai.it/articoli/informazione-leccesso-ne-provoca-la-perdita-di-senso

ALBERTO ABRUZZESE: NUOVI MEDIA, NUOVI LINGUAGGI

http://www.raiscuola.rai.it/

Documentario su Federico II


Doc su Federico II su Yuoutube

Cantico delle Creature - Francesco d'Assisi

Altissimo, Onnipotente Buon Signore, tue sono la lode, la gloria, l'onore ed ogni benedizione.

A te solo Altissimo, si addicono e nessun uomo è degno di menzionarti.

Lodato sii mio Signore, insieme a tutte le creature specialmente il fratello sole, il quale è la luce del giorno,e tu tramite esso ci illumini.
Ed esso è bello e raggiante con un grande splendore: simboleggia Altissimo la tua importanza.

Lodato sii o mio Signore, per sorella luna e le stelle: in cielo le hai formate, chiare preziose e belle.

Lodato sii, mio Signore, per fratello vento,e per l'aria e per il cielo; quello nuvoloso e quello sereno, ogni tempo
tramite il quale alle creature dai sostentamento.

Lodato sii mio Signore, per sorella acqua, la quale è molto utile e umile,preziosa e pura.

Lodato sii mio Signore, per fratello fuoco, attraverso il quale illumini la notte. E' bello, giocondo, robusto e forte.

Lodato sii mio Signore, per nostra sorella madre terra, la quale ci dà nutrimento e ci mantiene: produce diversi frutti variopinti, con fiori ed erba.

Lodato sii mio Signore, per quelli che perdonano in nome del tuo amore, e sopportano malattie e sofferenze.

Beati quelli che sopporteranno ciò serenamente, perchè saranno premiati.

Lodato sii mio Signore per la nostra morte corporale, dalla quale nessun essere umano può scappare,
guai a quelli che morranno mentre sono in situazione di peccato mortale.

Beati quelli che la troveranno mentre stanno rispettando le tue volontà.
La seconda morte, non farà loro alcun male.

Lodate e benedicete il mio Signore, ringraziatelo e servitelo con grande umiltà.

Federico II

Federico II Hohenstaufen (Jesi, 26 dicembre 1194Fiorentino di Puglia, 13 dicembre 1250) fu re di Sicilia, Duca di Svevia, re di Germania e Imperatore dei Romani (come Federico II del Sacro Romano Impero, eletto nel 1211, incoronato ad Aquisgrana nel 1215, incoronato a Roma dal papa nel 1220), infine re di Gerusalemme.
Apparteneva alla nobile famiglia sveva degli Hohenstaufen e discendeva per parte di madre dalla dinastia normanna degli Altavilla, regnanti di Sicilia.
Conosciuto con gli appellativi stupor mundi ("meraviglia o stupore del mondo") o puer Apuliae ("fanciullo di Puglia") Federico II era dotato di una personalità poliedrica e affascinante che, fin dalla sua epoca, ha polarizzato l'attenzione degli storici e del popolo, producendo anche una lunga serie di miti e leggende popolari, nel bene e nel male.
Il suo regno fu principalmente caratterizzato da una forte attività legislativa e di innovazione artistica e culturale, volte ad unificare le terre e i popoli, fortemente contrastata dalla Chiesa. Egli stesso fu un apprezzabile letterato, convinto protettore di artisti e studiosi. La sua corte fu luogo di incontro fra le culture greca, latina, araba ed ebraica.
Uomo di straordinaria cultura ed energia, stabilì in Sicilia e nell'Italia meridionale un qualcosa molto somigliante a un moderno regno governato centralmente con una burocrazia efficiente. Federico II parlava sei lingue (latino, siciliano, tedesco, francese, greco e arabo) e giocò un ruolo importante nel promuovere la letteratura attraverso la Scuola Siciliana della poesia. La sua corte siciliana reale a Palermo, dal 1220 circa sino alla sua morte, ha visto il primo utilizzo di una forma letteraria di una lingua romanza, il siciliano. La poesia che veniva prodotta dalla scuola ha avuto una notevole influenza sulla letteratura e su quella che sarebbe diventata la moderna lingua italiana. La scuola e la sua poesia furono salutate da Dante e dai suoi contemporanei e anticipò di almeno un secolo l'uso dell'idioma toscano come lingua d'elite letteraria d'Italia.
Da http://it.wikipedia.org

martedì 12 marzo 2013

Navigare sicuri a scuola

 

CHE CONGIUNZIONE - 10 FRASI

CHE CONGIUNZIONE - 10 FRASI

Frase n. 1 : Mia figlia disse che era molto felice del regalo di compleanno.
Frase n. 2
: Mi sono ricordato che devo andare dal dottore oggi.
Frase n. 3
: Ho mangiato poco, visto che sto ingrassando.
Frase n. 4
: Chiamami domani e ricordami che dobbiamo vederci.
Frase n. 5
: Il mio psicanalista dice che sto migliorando di molto.
Frase n. 6
: Penso che il tuo problema è aver poca voglia di studiare.
Frase n. 7
: Dopo che me ne andai, arrivò il pullman.
Frase n. 8
: Così capitò che mi ritrovai per una selva oscura.
Frase n. 9
: Immagino che dovresti studiare meglio la matematica.
Frase n. 10
: Se non ricordi che sono stato ieri da te, allora stai perdendo la memoria.

Pronomi relativi- variabili e invariabili


Pronomi relativi


L'Europa siamo noi - CARTELLONE - 1i

La Costituzione italiana
 
Articolo 22
Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome.

La Costituzione - CARTELLONE 1i


venerdì 8 marzo 2013

8 Marzo - Giornata della Donna


La Costituzione Italiana

-->
LA COSTITUZIONE:
ALCUNI ARTICOLI PER CUI OGNI GIORNO DOBBIAMO LOTTARE


Articolo 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Articolo 9
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Articolo 22
Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome.

Articolo 33
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
E` prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

Articolo 34
La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

L'età di Federico II



giovedì 7 marzo 2013

Navigare sicuri

Questo il link al sito in cui si trovano informazioni sul progetto "NAVIGARE SICURI" dove si possono vedere le foto e i video dei precedenti incontri in altre città d'Italia e tanto altro...
http://navigaresicuri.telecomitalia.it/

mercoledì 6 marzo 2013

Tg da Wikipedia

http://it.wikipedia.org/wiki/Telegiornale

Il telegiornale - o TG (pronunciato tigì) - è un programma televisivo di informazione giornalistica durante il quale sono presentate le notizie del giorno. Le notizie possono essere lette in diretta da un giornalista con l'arricchimento di filmati ed immagini oppure sotto forma di brevi servizi televisivi giunti dagli inviati sul posto. Il telegiornale è una delle trasmissioni più importanti della programmazione delle reti televisive generaliste.
Il notiziario televisivo nasce casualmente negli Stati Uniti nella seconda metà degli anni Quaranta. Il telegiornale italiano, adattamento del notiziario radiofonico e del cinegiornale, normalmente organi d'informazione governativa, propagandistica durante il fascismo, si avvia in forma sperimentale dalla sede RAI di Milano, alle ore 21 del 10 settembre 1952. La prima notizia trasmessa riportava la regata storica di Venezia. Da segnalare la notizia della morte ed il funerale del leader sovietico Stalin, caratterizzato da un filmato di repertorio non relativo all'evento in quanto nel corteo si nota proprio il dittatore. La sigla con orchestra con ottoni ed archi è memoria alla figura medievale dell'araldo, lettore di proclami pubblici, normalmente preceduti da squilli di tromba.
Con l'avvento dell'emittenza privata si tendeva ad includere notiziari locali sull'impronta dei telegiornali RAI. Il primo telegiornale a diffusione nazionale su una televisione commerciale - seppure registrato, in accordo con una legge vigente che ne vietava la trasmissione in diretta - fu Contatto, diretto da Maurizio Costanzo.

Indice

Struttura

L'edizione tipo di un telegiornale si struttura in questo modo:
  • Titoli: subito dopo la sigla di testa. In molti telegiornali moderni, sono letti fuori campo dal conduttore, mentre scorrono immagini salienti delle notizie principali. Di solito sono accompagnati da un sottofondo musicale sostenuto e da un vero e proprio titolo grafico.
  • Prima pagina: la notizia del giorno di maggior rilievo relativa generalmente a fatti di politica interna, internazionale o a fatti di cronaca particolarmente importanti.
  • Pagina degli interni: contenuti relativi alle politiche del governo o ai fenomeni sociali in corso.
  • Cronaca nazionale: ampia pagina relativa ad eventi dell'attualità, che vanno dalla cronaca giudiziaria alla cronaca rosa.
  • Cronaca estera: propone collegamenti giornalieri con le principali capitali europee e mondiali con aggiornamenti su vicende in corso di particolare importanza.
  • Costume e società: riservata solitamente alla chiusura del tg, diventando spesso dominante in alcune testate (Studio Aperto).
  • Sport: collocato al termine del tg, anticipato a volte in concomitanza con eventi sportivi di rilievo.
Le stesse notizie possono essere classificate in:
  • Notizie d'apertura: con un forte impatto emotivo sullo spettatore che lo sollecitano a guardare l'intera edizione.
  • Notizie forti: inserite nel corso del telegiornale per tenere alta l'attenzione dello spettatore.
  • Notizie di passaggio: solitamente il conduttore commenta le immagini in sottofondo, dal vivo e sono di una durata breve.
  • Notizie speciali: notizie riguardanti temi già trattati o interviste a personaggi famosi.
  • Notizie di chiusura: congedano lo spettatore con contenuti interessanti, spettacolari e soprattutto rasserenanti provocando una distensione emotiva.
La messa in onda di notizie sfrutta le potenzialità del mezzo televisivo, arricchendole con immagini, animazioni, grafici e filmati, per rendere la notizia più fruibile e renderla soprattutto reale. Più immagini compaiono più automaticamente la testata viene percepita come capace di documentarli. Le immagini possono alternarsi a video, commenti in sottofondo a seconda delle notizie e del materiale disponibile.
Come linea generale, le notizie più importanti sono trattate con servizi completi, realizzati da singoli giornalisti e introdotti dal conduttore. Tali servizi (detti chiusi) sono realizzati in ENG oppure con materiale d'archivio. Altre notizie, invece, sono riportate interamente dal conduttore, spesso con immagini a riporto (macchie).
Dopo la riforma del 1990 il numero dei tg presenti nei palinsesti televisivi aumenta, le edizioni centrali del tg restano quelle dell'ora di pranzo e della sera. Durante la giornata comunque numerosi sono gli spazi televisivi dedicati al tg, con edizioni mattutine, pomeridiane e piccoli tg flash giornalieri.

Telegiornali in Italia

Nel 1954, all'avvio delle normali trasmissioni televisive della RAI, c'era solo un unico telegiornale, quello della Rai.
Nel 1976, con la riforma Rai, nacquero il Tg1 e il Tg2. Nel 1979 nacquero il Tg3 e il TGR.
Tra il 1991 e il 1992 sulle reti Mediaset nacquero i primi telegiornali della tv commerciale italiana, ovvero il Tg4, il Tg5, destinato a diventare il maggior concorrente del Tg1, e Studio Aperto.
Nel 1999 nasce la prima tv all-news italiana, Rai News 24.
Il 24 giugno 2001 viene fondato il TG LA7, mentre nel 2003 nasce Sky TG 24. Infine, il 28 novembre 2011 nasce l'all-news Mediaset, Tgcom24.
Attualmente i Tg italiani stanno passando al nuovo formato televisivo 16:9: gli unici ancora nel vecchio formato 4:3 sono il Tg1 e il Tg3.

TG3 del 5 marzo 2013

Guarda il TG3 DELLE 14.20 DEL 5 MARZO
poi completa la tabella

GUARDA IL TG3- LIS . Che differenze noti?

lunedì 4 marzo 2013

Pronomi personali

I pronomi personali sono quei pronomi che rappresentano la persona che parla, la persona che ascolta oppure la persona, l'animale o la cosa di cui si parla, senza specificarne o ripeterne il nome.

I pronomi personali in italiano sono i seguenti:
  • io (singolare) e noi (plurale) indicano la persona che parla o il gruppo di persone al quale appartiene chi parla (prima persona);
  • tu (singolare) e voi (plurale) indicano la persona o le persone a cui ci si rivolge (seconda persona);
  • egli, ella, esso, essa, lui, lei (singolari) e essi, esse, loro (plurali) indicano la persona o le persone di cui si parla (terza persona).


I pronomi personali in italiano hanno forma diversa, secondo la persona, il numero, il genere e la funzione. Tale funzione può essere di soggetto o di oggetto.


I pronomi personali usati come complemento hanno due forme:
  • forma forte o tonica, così chiamata perché prende l'accento tonico;
  • forma debole o atona, detta anche particella pronominale, non ha un accento proprio e nella pronuncia si appoggia al verbo che la segue o che la precede;si unisce al verbo che precede quando questo è all'infinito, all'imperativo o al gerundio. Enclitiche-proclitiche