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mercoledì 18 ottobre 2017

STORIA 5A- IMPERIALISMO E COLONIALISMO

IMPERIALISMO E COLONIALISMO


Il concetto di imperialismo si è affermato negli ultimi decenni dell’Ottocento, grossomodo tra il 1870 e i primi anni del Novecento. Il termine è passato alla storia con il significato di politica di potenza e di conquista territoriale su scala mondiale, una politica realizzata con la forza e spesso fine a se stessa. Con questo termine si intende la spartizione dei paesi extraeuropei da parte dei paesi europei. In genere l’imperialismo rappresenta un insieme di componenti economiche, politiche ed ideologiche, che spingono gli stati europei a proiettare all’esterno i loro interessi. È un fenomeno nuovo e tutto sommato rapido, in relazione ad un altro fenomeno inscindibile dal concetto di imperialismo: il colonialismo.

Il colonialismo a differenza dell’imperialismo è un fenomeno lento che ebbe origine nel Cinquecento con le grandi scoperte geografiche e che ha raggiunto il suo apice negli ultimi decenni dell’Ottocento con conseguenze e dimensioni molto più grandi. Bisogna precisare che: la colonizzazione del Cinquecento era legata all’iniziativa dei mercanti ed aveva scopi puramente economici; al contrario la colonizzazione dell’Ottocento è mossa dagli stati nazionali e prevede un assoggettamento politico e uno sfruttamento economico. In che modo può avvenire questo? Imponendo un controllo politico e riducendo i territori a colonie (assoggettati all’amministrazione diretta dei conquistatori) o a protettorati (imponendo loro un controllo non diretto).


Si presentano, dunque, due tipologie di paesi:

Paesi colonizzatori = Gran Bretagna e Francia principalmente, le quali possedevano già un impero coloniale; gli stati di nuova formazione quali: Germania, Belgio ed Italia; faranno la loro comparsa sulla scena mondiale due nuove potenze le quali sconvolgeranno gli equilibri mondiali: Giappone e Stati Uniti.

Paesi colonizzati = Africa, Asia e isole del Pacifico.

A mettere in moto tale processo furono un connubio di cause di natura economica, politica ed ideologica. Nello specifico le cause di natura economica sono da ricercare nella Grande Depressione. Possiamo dire che in origine era il Capitalismo, un sistema basato sulla concorrenza e sul libero scambio; ma quando questo sistema costituito da piccole banche, piccole imprese e piccole industrie entra in crisi con il passaggio alle grandi banche, grandi imprese e grandi industrie, si ha la polarizzazione delle ricchezze e dunque la degenerazione dello stesso capitalismo. Naturale conseguenza è stato l’accumulo di capitali e di ricchezze, quest’ultima conseguenza è stata accentuata dalla politica protezionistica adottata da tutti gli stati europei, che cercavano in tal modo di proteggere i loro interessi. La situazione dunque era la seguente: paesi pieni di capitali e di prodotti che non potevano essere smerciati ed investiti. Da qui la naturale conseguenza di ricercare altrove le materie prime a basso costo; di ricercare nuovi mercati in cui smerciare i prodotti di sovrapproduzione; di ricercare nuovi paesi in cui investire i propri capitali. Le cause di natura politico-ideologica sono collegate ai concetti di nazionalismo e di razzismo, il portare avanti la propria civiltà ritenuta superiore rispetto alle altre; uno spirito missionario, Disdraeli parla di “razza dominatrice, destinata dalle sue virtù a spargersi per il mondo”, Kipling parla di “fardello dell’uomo bianco” ovvero il dovere di portare la civiltà laddove questa non c’è. Altri motivi sono da ricercare nella curiosità scientifico-geografica che muove gli uomini e nell’interesse per l’esotico diffusosi in Europa con il Positivismo.


Gli effetti economici della colonizzazione furono da un lato positivi in quanto, i paesi colonizzatori misero a coltura le terre prima incolte, apportarono un certo sviluppo e nuove tecniche, costruirono le infrastrutture, impiantarono delle industrie ed avviarono un commercio, ma tutto questo comportò un enorme sfruttamento in termini di risorse; sfruttamento che non portò un effettivo sviluppo del paese colonizzato ma che proiettava all’esterno tutte le ricchezze.



Nel 1870 i paesi europei controllavano 1/10 dell’Africa, alla fine del processo di colonizzazione, dunque nei primi anni del Novecento, il territorio controllato era pari ai 9\10. La Francia occupava l’Algeria ed il Senegal, il Portogallo occupava l’Angola e il Mozambico, la Gran Bretagna occupava la parte meridionale dell’Africa nello specifico la Colonia del Capo. Come avviene effettivamente questa spartizione?
Le prime mire espansionistiche furono mosse dalla Francia (nel 1881) e dalla Gran Bretagna (nel 1882) rispettivamente verso la Tunisia, a cui la Francia si interessò per contiguità territoriale con l’Algeria, e verso l’Egitto, a cui la Gran Bretagna si interessò per via per canale di Suez importante snodo per il commercio con l’Oriente. Le potenze europee e nello specifico Francia e Gran Bretagna inizialmente presero il controllo delle finanze successivamente intervennero militarmente. La Francia ridusse la Tunisia a forma di protettorato, la Gran Bretagna dopo una lunga lotta contro un movimento nazionalista sorto in Egitto, ridusse quest’ultimo a semicolonia.
La Francia dopo anni di guerre contro l’impero musulmano, colonizzò i territori dell’Africa Settentrionale che si estendono dall’Atlantico al Sudan e dal Congo al Mediterraneo, creando così un vasto impero coloniale. La costituzione di un tale impero non disturbò nessuna delle altre potenze europee poiché è vero che mise in piedi un vasto impero ma è altrettanto vero che questo era costituito per lo più da aree desertiche. Al contrario furono ostacolati i progetti espansionistici inglesi.

A differenza dell’Africa, a fine Ottocento i paesi europei avevano posto radici profonde in buona parte dell’Asia, soprattutto Francia e Gran Bretagna. Nello specifico possiamo osservare che: la Gran Bretagna possedeva l’India, considerata la perla del loro impero, ma anche Ceylon, Hong Kong e Singapore; l’Olanda possedeva l’Indonesia; il Portogallo controllava Macao, Goa e parte del Timor; la Spagna dominava le Filippine; la Russia aveva già intrapreso la sua espansione diretta in due direzione: verso l’estremo oriente dunque verso la Siberia, e verso l’Asia centrale; la Francia che aveva già iniziato la conquista dell’Indocina. Poiché i due imperi coloniali, inglese e francese, si trovarono a stretto contatto, per evitare scontri si decise di costituire uno stato cuscinetto indipendente tra i due: il regno di Siam. La Russia, come abbiamo già osservato, mosse le sue mire in due direttrici: una verso l’estremo oriente, verso la Siberia, l’altro verso l’Asia centrale. Fu anche realizzata la ferrovia transiberiana che collega Mosca a Vladismostok. Per quanto concerne invece la loro espansione verso l’Asia centrale, si può notare come estendendo il loro controllo al Turchestan si creò una certa vicinanza con l’impero inglese, motivo per cui si ritenne necessario creare anche in questo caso uno stato-cuscinetto indipendente che in questo caso è l’Afganistan. Si può, dunque, concludere che tre sono gli imperi coloniali più importanti in Asia: l’impero inglese, russo e quello francese.
Concentrando adesso la nostra attenzione al Pacifico, altro polo di interesse del colonialismo di fine Ottocento, possiamo ben notare che la regina incontrastata è certamente la Gran Bretagna, la quale possedeva già l’Australia e la Nuova Zelanda e che a conclusione di questo nuovo processo di colonizzazione estese il suo controllo alle isole Fiji, Solomone e Marianne, ed in parte alla Nuova Guinea. Ma fu proprio in questo particolare momento storico che fecero il loro ingresso nell’economia e nella politica mondiale due nuove potenze che cambieranno i rapporti di forza e gli equilibri mondiali: Giappone e Stati Uniti. In USA fu completata la conquista del West, di cui a pagarne le conseguenze furono i pellirosse sterminati dalle guerre. Fu costruita la prima ferrovia transcontinentale che collegava l’Atlantico con il Pacifico. Si assiste ad un grande sviluppo industriale, nel settore dell’industria siderurgica, meccanica, elettronica e petrolifera, tanto che gli Stati Uniti in breve divennero il principale paese esportatore di capitali e prodotti industriali. Si ha una vera e propria rivoluzione agraria, tanto che furono appellati “il granaio del mondo”. Si ha un notevole aumento della popolazione, non soltanto in termini di natalità, ma soprattutto attraverso l’immigrazione; gli Stati Uniti accoglievano persone provenienti da tutte le parti del mondo, si andava così a costituire il così detto “melting pot”. Ne deriva una crescita dei centri urbani, la città situate più a nord svilupparono delle grandi metropoli nelle quali si può tuttavia notare un forte contrasto tra una parte estremamente ricca della popolazione che trova impiego nel mondo finanziario e del commercio, ed una parte estremamente povera che vive di stenti, o meglio sopravvive.


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